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Posts Tagged ‘16 maggio 2009’

(intervento di Chiccodisenape in occasione dell’incontro “Il Vangelo che abbiamo Ricevuto” Firenze, 16 maggio 2009)

Vorrei che guardaste intorno a voi.
Noi, noi non esistiamo.
Questo ci dicono i nostri amici non credenti: i cattolici critici non esistono perché è una contraddizione in termini. Questo forse spera qualche altro amico, episcopo: i cattolici critici si portano fuori dalla comunione diocesana.
Eppure siamo qui… e quindi forse dovremmo cercare di far vedere che esistiamo.

Il Vangelo che abbiamo ricevuto, noi che abitiamo a Torino, ci ha portati a riunirci sotto il nome di “chiccodisenape”. Il terreno che nutre il nostro chicco è il Concilio Vaticano II, ma non è un ricordo nostalgico di un passato glorioso – seppure molti dei nostri gruppi provano smarrimento ripensando a quello che sperimentarono quarant’anni fa e quanto, invece, vivono oggi – è piuttosto uno stile, uno stimolo, un cibo per il nostro camminare.
Non vi raccontiamo cosa abbiamo proposto come “chiccodisenape”, come rete di 15 gruppi di diversa provenienza ecclesiale, potete scoprirlo visitando il nostro blog all’indirizzo presente nei volantini che sono in distribuzione. Preferiamo piuttosto destinare questo tempo a condividere alcune nostre considerazioni e a lanciare alcune domande.

È tempo di uscire dalle cittadelle!
Poco importa che siano quelle costruite dalla gerarchia, rievocando gli antichi fasti di quando vigeva una sorta di regime di cristianità, o quelle generate dal nostro élitarismo – di noi che sappiamo davvero che cosa è stato il Concilio – incapace di coinvolgere i semplici, i distratti, gli affaticati nella ricerca del Regno.
Uscire dalle cittadelle ma decisi fermamente a rimanere nella chiesa per «starci e realizzarla, come uomini – e donne – liberi e innamorati, con gioia e passione, fedeli e pazienti. Dobbiamo stare attaccati alla chiesa come Dio l’ha sognata e l’ha data, esservi annodati come un nodo alla fune», per usare le parole di Michele Do.
È necessario ripensare profondamente i nostri linguaggi e i nostri strumenti: i convegni e i libri sono strumenti indispensabili e imprescindibili ma non sono sufficienti. Dobbiamo essere capaci di parlare alle e con le persone del nostro tempo, di diffondere materiali divulgativi, di adoperare mezzi di comunicazione gratuiti e facilmente reperibili, di incontrare veramente le vite e i problemi delle persone “distanti” spesso così differenti dalle nostre….

È tempo di superare gli steccati!
Siamo qui laici, preti, consacrati. Ciascuno ha risposto in modo specifico e personale alla comune vocazione a essere cristiani, ma siamo qui perché siamo consapevoli della responsabilità di dover essere testimoni credibili affinché rifioriscano altre vocazioni… laicali (non si parli solamente di “matrimoniali”, per favore, come se fosse possibile ridurre solo a questo la vocazione dei cristiani), presbiterali, religiose.
Possiamo attendere semplicemente che le questioni demografiche a cui stiamo assistendo facciano collassare il sistema e provochino un ritorno alle dinamiche tipiche della chiesa primitiva. Oppure possiamo iniziare ad agire affinché il cambiamento prenda forma.
Abbiamo il dovere – e non solo il diritto – di avere parola nelle chiese, di essere responsabili delle comunità, di studiare teologia, di interpretare il Vangelo, di riflettere sulla morale, di sostenere i presbiteri inascoltati dai loro pastori e oberati di incarichi, di curare le vocazioni verso ciascun ministero. Abbiamo il dovere di essere lievito positivo e propositivo.
Guardiamo la soglia: quanti amici hanno deciso di vivere la loro fede al di là? Quanti, poi, l’hanno abbandonata perché si sono trovati soli e non hanno più trovato una comunità accogliente?
Non ci può bastare ripetere l’espressione “scisma sommerso”: siamo noi a essere scissi, separati, mancanti di qualcosa. E l’irritazione verso coloro che lo scisma forse lo hanno provocato non può essere più forte del nostro desiderio di essere una chiesa fraterna, comunitaria, sinodale, ricca di carismi diversi, libera nel nome di Gesù.

È tempo di uscire dalle strade conosciute!
I tempi che viviamo sono nuovi e più ancora lo saranno i giorni che sono ancora da arrivare: non ci possono bastare le soluzioni e i pensieri finora adoperati. Non saremmo diversi da quello che diciamo di non condividere.
Siamo chiamati a vivere il nostro ministero profetico: capaci di essere strumenti per l’annuncio nel presente e allo stesso tempo aperti al futuro.
Abbiamo molte cose da vigilare e da interpretare: il mondo che viviamo ci disorienta non meno della chiesa. Ma noi le nostre roccaforti abbiamo deciso di lasciarle e siamo dunque pronti a imparare a condividerne “le gioie e le speranze” del mondo contemporaneo, permettendo ai nostri occhi di scovarle nascoste nelle pieghe delle bruttezze con cui coesistono.
Siamo determinati a esplorare i linguaggi e i pensieri per far superare l’estraneità del cristianesimo con il nostro tempo, incarnando in questi giorni e in questa storia l’annuncio del regno.
Siamo speranzosi di poter continuare a essere annunciatori del Vangelo, anche se non sappiamo dire oggi quali saranno i luoghi – se davvero le strutture cambieranno – e quali saranno le persone – se le nostre comunità saranno diventate più accoglienti.
Soprattutto siamo desiderosi di dare risposte alle grandi questioni dei nostri giorni – la bioetica, l’ecologia, l’accoglienza, la pace – a partire da Gesù, dal nostro Signore. Da Lui che ci ha mostrato passioni forti e altrettanto forti tenerezze, che ci ha parlato di misericordia, della libertà dei figli di Dio, della supremazia dell’amore. Da Lui che tanto spesso dimentichiamo di citare nei nostri discorsi, così pieni di disquisizioni sulle istituzioni e sugli atteggiamenti da cambiare.

È tempo, infine, di continuare a ricercare!
Lo stile che ci piacerebbe portare avanti è più avvezzo a continuare a interrogarci – come ama dire qualcuno “ad avere i dubbi che vibrano più forte delle preghiere” – senza accontentarci delle soluzioni più comode.
Lo stile che dobbiamo portare avanti non deve dimenticare la preghiera e la contemplazione, come fonte vitale del nostro impegno, per non far svuotare di senso e di coerenza quanto diciamo.
Continuiamo a farci le domande: sappiamo sperare e costruire una chiesa dialogica e sinodale? siamo pronti ad annunciare il Vangelo ai poveri… alle donne, ai giovani, agli omosessuali, alle coppie di fatto, ai divorziati, a chi non ci crede più, a chi mai ci ha creduto, a chi non ci crederà mai? siamo in grado di preparare le strade al Signore Gesù?
Questo è una parte di quello che crediamo che ci serva, ricordando quanto ebbe a scrivere Dietrich Bonhoeffer dal carcere di Tegel: «La Chiesa è Chiesa soltanto se esiste per gli altri. […] Deve partecipare agli impegni mondani della vita della comunità umana, non dominando, ma aiutando e servendo. […] Essa dovrà parlare di misura, autenticità, fiducia, fedeltà, costanza, pazienza, disciplina, umiltà, sobrietà, modestia. […] La sua parola riceve rilievo e forza non dai concetti, ma dall’“esempio” [la cui origine è nell’umanità di Gesù]» (Resistenza e Resa, San Paolo 1988, 463-464).

(altri interventi: http://137.204.8.65/statusecclesiae/status/common.php?pagina=vangelo_16_maggio.htm)

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“Il Vangelo che abbiamo ricevuto”:
a Firenze sinodo informale di credenti

(da Jesus, maggio 2009)

Si sono autoconvocati a Firenze per il 16 maggio. Monaci, teologi, laici, sacerdoti, parrocchie, fedeli “sfusi” e membri attivi di associazioni ecclesiali. L´obiettivo, come hanno scritto nel manifesto di invito, non è la «creazione di un movimento» o di una «Chiesa alternativa», ma quello di non far spegnere «la libertà dei figli di Dio, il confronto sine ira, la comunione, lo scambio».

Il disagio che una parte del popolo di Dio sente, «la sofferenza di non vedere al centro della comune attenzione proprio il Vangelo del Regno annunciato da Gesù ai poveri, ai peccatori, a quanti giacciono sotto il dominio del male, mentre cresce a dismisura la predicazione della Legge», saranno al centro del dibattito. «Vorrei però che fosse chiaro che questo incontro non è contro nessuno, ma è per qualcosa», spiega don Paolo Giannoni, oblato camaldolese, e uno dei principali promotori dell´iniziativa. Dal suo eremo di Mosciano, in Toscana, precisa che «nessuno è escluso da questo cammino. L´atteggiamento è inclusivo, di apertura. E dice di una Chiesa che, come la veste di Gesù, tessuta tutta d´un pezzo, è unita, ma non uniforme. Uniformarla significherebbe perdere la sua grande ricchezza. Di fronte a un metodo, che da anni si va affermando in via escludente, vogliamo un´apertura che dica chiaramente che il Signore ci ha chiamati a edificare non una Chiesa che condanna, ma una Chiesa che manifesti la misericordia del Padre, viva nella libertà dello Spirito, sappia soffrire e gioire con ogni donna e con ogni uomo che le è dato di incontrare».

Non sono stati gli ultimi atteggiamenti di Cei e Vaticano, la mobilitazione per il caso di Eluana Englaro o il ritiro della scomunica ai Levebvriani, a spingere alla riflessione. La convocazione di Firenze non è una reazione a caldo alle ultime vicende. L´iniziativa ha preso corpo oltre un anno fa, il titolo del convegno Il Vangelo che abbiamo ricevuto è stato deciso già lo scorso novembre e la sede, infine, fissata all´inizio dello scorso febbraio. Quando l´invito ha cominciato a circolare, le adesioni si sono infittite di giorno in giorno, dal Sud al Nord, da comunità storiche a singoli fedeli, da teologi come Stella Morra, Armido Rizzi, Oreste Aime, a monaci come il servita Camillo De Piaz, a storici come Bruna Bocchini Camaiani, Fulvio De Giorgi, Alberto Melloni.

«Quando sono stato sollecitato a prendere questa iniziativa», racconta ancora don Giannoni, «ero un po´ incerto. Anche perché credo che, a volte, uscire in pubblico sia controproducente. Poi, però, ascoltando tante persone, anche quelle che vengono qui all´eremo, mi sono reso conto che c´è, nella Chiesa, un malessere che va portato a chiarimento. Ci sono persone che oggi sentono la difficoltà di essere Chiesa. Negli anni del Concilio si stava nella Chiesa per la sua bellezza, oggi per motivi di fede. Ma bisogna aiutare a credere. Vedo tante esperienze di parrocchie e gente comune che coltiva la ricerca di fedeltà al Vangelo e al Vaticano II ma, in questa ricerca, c´è molta solitudine. L´incontro di Firenze serve anche a mettersi in rete perché l´isolamento che si percepisce non determini sconforto». Un appuntamento, dunque, per confermarsi a vicenda nella fede, per riprendere la parola pubblicamente contro quello “scisma sommerso” già denunciato nel 1991 dallo stesso don Giannoni e poi da Pietro Prini. Per ridare coraggio e spazio ai tanti credenti che, in contrasto con l´apparente trionfo di una Chiesa che grida, si allontanano silenziosamente da essa.

Don Paolo Giannoni condurrà il secondo momento della riflessione di Firenze, quello sulla forza del Vangelo. La prima parte, invece, è affidata a Enrico Peyretti, torinese, esperto di nonviolenza. Peyretti sintetizzerà le numerose testimonianze raccolte in vista della giornata. Che si concluderà con la riflessione sulla Chiesa della fraternità e della sororità proposta dal teologo catanese Pino Ruggieri. «Sarà un´esperienza di Chiesa sinodale», conclude don Giannoni, «cui dovrebbe seguire una tre giorni che dia ordine a quanto emergerà. Ma non c´è nulla di stabilito. Decideremo lì, in libertà, come camminare insieme».

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(di Angelo Bertani, “Adista” Segni nuovi – n. 48 del 2 maggio 2009)

“Non mi riconosco più in questa chiesa”. Di fronte a questa drammatica affermazione, che si sente ripetere con una certa frequenza, è necessario assumere un atteggiamento di grande attenzione e comprensione; ma anche offrire una risposta non banale e tantomeno autoritaria.

Attenzione e comprensione perché le ragioni di disagio ci sono, e sono diffuse. Chi parla così esprime non solo una protesta, ma anche la speranza di una chiesa più bella, più fedele al Vangelo e agli uomini.

Ma serve anche una risposta non banale. Non una risposta prefabbricata, ma una consapevolezza da costruire con pazienza e amore tutti insieme. Lungo la storia tante persone hanno sofferto perché la chiesa non si presentava con le parole e i gesti più limpidi e opportuni. Molti hanno scelto di lasciarla in silenzio, altri di combatterla, altri di riformarla.

Un punto di partenza è la consapevolezza che “noi siamo chiesa”. Dunque se noi ci sforziamo di essere migliori miglioriamo la chiesa. E l’essere migliori non dipende tanto dalle idee più giuste (chi può dirlo?) quanto da un amore più grande. Un altro punto di partenza è che errori, sconfitte e infedeltà hanno segnato tutti i secoli della storia cristiana, che tuttavia è stata anche una storia di santità, eroismi, testimonianze evangeliche. In questi giorni tutti celebrano don Primo Mazzolari.

Ma conviene ricordare quante lacrime ha pianto nella canonica di Bozzolo quando l’avevano ridotto al silenzio e solo un coraggioso libraio di Brescia, Vittorio Gatti, stampava i suoi libri che oggi riempiono le librerie. Eppure don Primo aveva resistito e non aveva mai smesso di amare la Chiesa.

Henri de Lubac, grande teologo anche lui emarginato (e poi… cardinale), nelle Meditazioni sulla Chiesa scriveva: “Certo se nella Chiesa tutti fossero quello che dovrebbero essere, è chiaro che il Regno di Dio progredirebbe con un altro ritmo…”. Ma “non ricominciamo neppure a sognare una chiesa trionfante. Il suo maestro non le ha promesso successi strepitosi e crescenti… essa deve essere come il Cristo in agonia fino alla fine del mondo”.

Insomma, proprio perché “noi siamo chiesa”, è inevitabile una sofferenza per la sua e nostra insufficienza; ma è anche possibile un impegno, una “lotta quotidiana” perché la vita della chiesa sia meno inadeguata e più evangelica. È in questo spirito che molti vivono e lavorano nelle strutture e istituzioni della chiesa ed anche nell’anonimato delle esperienze personali. La Chiesa vera va ben al di là di quel che si percepisce dai media e dai documenti ufficiali. In questi mesi, in questi giorni si moltiplicano nuove iniziative di riflessione, confronto di esperienze (per esempio l’incontro di Firenze il 16 maggio intitolato Il Vangelo che abbiamo ricevuto, l’iniziativa Nostro ’58 di Luigi Pedrazzi, il Chicco di senape in Piemonte, i Viandanti, i Galilei…) che in larga misura nascono proprio dal disagio per l’attuale momento e per il rischio di uno “scisma non dichiarato”, e dal desiderio di ricostruire o rafforzare lo spirito di comunione e di partecipazione alla vita ecclesiale nello spirito del vangelo e del concilio Vaticano II.

E qui arriviamo al punto decisivo: per superare le tentazioni di abbandono o di polemica è necessario che nella chiesa e nei rapporti ecumenici si diffonda di più uno stile di dialogo e di comunione, a cominciare dalla “gerarchia”. È necessario che dalle parrocchie in su tornino (o comincino) a funzionare i consigli pastorali, i sinodi, luoghi di ascolto e di confronto. Non è augurabile: è necessario che i credenti laici si sentano rispettati, riconosciuti, ascoltati; e possano così costruire insieme a preti, vescovi e suore il volto amorevole di una chiesa in cui riconoscersi.

Ed è necessario che nasca una mentalità, una cultura che don Tonino Bello chiamava “convivialità delle differenze” perché nella Chiesa – circumdata varietate, diceva padre Balducci – possono esserci anche molte idee e stili differenti che sono spesso una ricchezza condivisa. E quando sono una difficoltà costituiscono l’occasione di esercitare il discernimento, la comprensione reciproca e l’amore vicendevole, che è poi il cuore dell’esperienza cristiana. “Vedete come si amano!” è infatti il segno per riconoscere i cristiani. Se no, non è Chiesa.

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Come annunciato in precedenza sono disponibili i documenti del convegno in formato .pdf:
sintesi_contributi
– intervento_Giannoni
– intervento_Ruggieri

interventi_preparatori
– “Il piccolo Sinodo dei cattolici adulti” (Jesus 7 luglio 2009)
 


Segue la lettera di invito inviata nelle settimane precedenti il convegno:

Invito ai cristiani per un incontro comune in data 16 maggio 2009 a Firenze

Il motivo ultimo che ci spinge a questo invito è la convinzione che il concilio Vaticano II sia stato e sia ancora una grande grazia, la grazia maggiore donata alla chiesa del nostro tempo, perché essa riscopra la forza del Vangelo nella storia vissuta. Ma con molti che nella chiesa cattolica oggi stentano ad avere voce avvertiamo la sofferenza di non vedere al centro della comune attenzione proprio il Vangelo del Regno annunciato da Gesù ai poveri, ai peccatori, a quanti giacciono sotto il dominio del male, mentre cresce a dismisura la predicazione della Legge. Il Signore ci ha chiamati a edificare non una chiesa che condanna, ma una chiesa che manifesti la misericordia del Padre, viva nella libertà dello Spirito, sappia soffrire e gioire con ogni donna e con ogni uomo che le è dato di incontrare. Il nostro invito non è volto pertanto alla creazione di un movimento o alla contestazione o chissà che altro, come una chiesa alternativa, ma nasce dal desiderio che la libertà dei figli di Dio, il confronto sine ira, la comunione e lo scambio non si spengano.
Per questo motivo quanti condividono questa sofferenza, ma al tempo stesso la speranza del Regno e la volontà di una chiesa umile, vicina agli uomini  e tesa a scrutare i segni dei tempi, sono invitati ad un incontro  per confermarci a vicenda nella fede. Abbiamo  pensato ad una giornata comune, a Firenze, il sabato 16 maggio prossimo , dalle 9 del mattino alle 17 (Cinema teatro “Nuovo Sentiero”, via delle Panche 36).

Ogni gruppo/comunità  che volesse partecipare, ma anche ogni cristiano/a che vive isolato/a la propria fede, è pregato/a di inviare una breve relazione (massimo 5.000 caratteri), che confluirà in una sintesi elaborata dagli amici di Torino all’inizio della giornata, prima delle relazioni, per far emergere elementi comuni e differenze presenti tra di noi. Vogliamo mettere in comune l’esperienza concreta e vissuta del Vangelo, le perplessità sul presente della chiesa e della società, le proposte per un futuro più umano. Sarà cura della nostra segreteria far circolare fra quanti aderiscono queste testimonianze. Queste relazioni per poter essere utilizzate debbono pervenire entro il 15 aprile prossimo.

Il secondo momento della giornata sarà dedicato ad una riflessione, proposta da Paolo Giannoni, sulla forza del Vangelo proclamato da Gesù che ha assunto ogni realtà umana, ha “toccato” i corpi per infondere la guarigione, si è seduto a mensa con i peccatori, rendendo così visibile ai nostri occhi e palpabile dalle nostre mani il mistero dell’amore trinitario.

Il terzo momento sarà costituito da una riflessione, proposta da Giuseppe Ruggieri, sulla chiesa della fraternità e della sororità, che nella comunione e nella corresponsabilità attiva di tutti, eguali in dignità, si impegna in una lettura credente dei segni dei tempi, nell’ascolto della Parola viene introdotta dallo Spirito a tutta la verità e, dalla presenza del Signore nelle sue celebrazioni, trae forza per farsi compagna di tutti, a cominciare dai piccoli e dagli ultimi.

Il quarto momento, il più ampio, sarà invece dedicato al confronto comune. Ci sembra infatti che in questo momento ci sia troppo frantumazione e poca comunicazione effettiva all’interno della chiesa italiana. Aleggia uno scisma non proclamato, ma tanto più doloroso. Questa frantumazione non può essere superata da mediazioni programmatiche e burocratiche, ma solo attraverso lo scambio aperto del vissuto della fede, nell’esperienza della forza del Vangelo.
 
Questo invito non vuole escludere nessuno, né comunità né singole persone, ma tutti coloro che condividono le nostre preoccupazioni saranno i benvenuti non da ospiti o stranieri, ma come concittadini della città dei santi.

Per le adesioni all’invito e per l’invio delle relazioni si prega di far riferimento alla nostra Segretaria Licinia Magrini: licinia.magrini@gmail.com

Maurizio Aliotta (Siracusa)
Maurilio Assenza (Modica)
Mario Batistini (Firenze)
Antonio Bogani (Firenze)
Renzo Bonaiuti (Firenze)
Simona Borello (Torino)
Carlo e Luciana Carozzo de Il Gallo  (Genova)
Angelo Casati (Milano)
Stefano Cecconi (Firenze)
Giovanna Cella (Firenze)
Claudio Ciancio (Torino)
Massimo Cocchi (Firenze)
Nicola Colaianni (Bari)
Carlo Corti (Firenze)
Fabio Corti (Firenze)
Lucio Croce (Salerno)
Carlo Dadda (Bologna)
Alessandra Daly (Firenze)
Danani Carla (Macerata)
Bruno D’avanzo (Firenze)
Fulvio De Giorni (Milano)
Camillo De Piaz (Madonna di Tirano)
Giampiero Donnini (Firenze)
Ugo Faggi (Firenze)
Fiammetta Fanzone (Firenze)
Teresa Fattori Maria (Bologna)
Amelia Frascaroli (Bologna)
Paola Giani (Torino)
Paolo Giannoni (Firenze)
Donata Graziani (Firenze)
Luciano Guerzoni (Modena)
Marco Ivaldo (Napoli)
Luca Licitra (Modica)
Carmelo Lorefice (Modica)
Corrado Lorefice (Modica)
Alessio Malpassi (Firenze)
Licinia Magrini
Vincenzo Marras (Milano)
Alberto Melloni (Reggio Emilia)
Stella Morra (Roma)
Manoela Moschi (Firenze)
Giovanni Nicolini (Bologna)
Alberto Neglia, Aurelio Antista, Egidio Palombo, Gregorio Battaglia Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)
Angelina Nicora Alberigo (Bologna)
Piero Osti (Firenze)
Baldassare Pastore (Ferrara)
Gherardo Pecchioni (Firenze)
Renato Pescara (Padova)
Enrico Peyretti (Torino)
Anna Maria Pizziolo (Firenze)
Andrea Poggi (Firenze)
Emanuela Prinzivalli (Roma)
Domenico Raimondi (Lucca)
Giordano Remondi (Camaldoli)
Toni Revelli (Torino)
Armido Rizzi (Mantova)
Maria Adele Roggero (Torino)
Ugo Gianni Rosenberg (Torino)
Giuseppe Ruggieri (Catania)
Mariadonata Sacchi (Bologna)
Silvia Scatena (Bologna)
Antonio Sichera (Modica)
Massimo Toschi (Firenze)
Massimo Tura
Paola Ugolini (Firenze)
Luigi Viviani (Verona)
Alberto Zanobini (Firenze)

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