Riportiamo un’articolo pubblicato sul sito web Dialoghi, portale attraverso il quale l’Azione Cattolica Italiana si confronta con il dibattito in corso nel Paese e offre il proprio contributo al Progetto culturale della Chiesa italiana.
Quello che impressiona è la scarsità di reazioni. Uno Stato europeo – anzi, fondatore del “miracolo” politico dell’Unione Europea -, uno Stato con una tradizione culturale e giuridica importante, propone nel XXI secolo una schedatura su base etnica.
Facciamo fatica a pensarlo. Ma facciamo ancora più fatica a comprendere il perché della reazione assonnata, indifferente, se non complice. Non è questione di parte: si può essere di destra o di sinistra, di centro o apolitici, ma non si può non rendersi conto e non applicare un principio di elementare civiltà giuridica.
Propongo due riflessioni in proposito, cercando di evidenziare due errori di ragionamento molto comuni.
Il primo errore confonde il motivo per cui qualcuno è sanzionabile.
Si possono prendere provvedimenti verso chi commette reati. Anzi, compito primario dello Stato è garantire la sicurezza. Rinunciamo, nella convivenza civile, all’uso privato della forza per delegarla a un sistema di sicurezza pubblica democraticamente organizzato e controllato. Il monopolio della forza da parte dello Stato da una parte è garanzia verso i deboli (in quanto protegge dal sopruso del più forte) e dall’altra principio di equità della pena (che deve distinguersi dalla vendetta).
Può anche accadere che di fatto la maggior parte dei membri di un certo gruppo abbiano compiuto un determinato reato e siano per questo motivo giustamente sanzionati. In ogni caso vale il principio che si è sanzionati non per l’appartenenza a un gruppo, ma per aver commesso un reato. Anche se tutti i Rom fossero, per esempio, sanzionati per aver rubato, resterebbe forte il principio che sono sanzionati in quanto ladri e non in quanto Rom.
Il secondo errore consiste nel fidarsi di conoscenze “ovvie”, talmente diffuse che nessuno si preoccupa di verificare.
La Fondazione Migrantes ha commissionato al dipartimento di Psicologia e antropologia culturale dell’Università di Verona una ricerca sugli stereotipi legati ai Rom. Vengono analizzati i presunti casi di sottrazione di minore (un’accusa tipica verso i Rom) dal 1986 al 2007. Non esiste un solo caso accertato di rapimento su 30 denunce e 11 iniziative dirette dell’autorità giudiziaria. Rom e Sinti sono assieme 150.000 persone in Italia, di cui 70.000 cittadini italiani. Sono lo 0,3% della popolazione del nostro Paese, la media Ue è del 2%).
Detto questo il rispetto della legge vale anche per Rom e Sinti, come per gli autoctoni, gli stranieri, gli studenti, le casalinghe e le alte cariche dello Stato. Non vorremmo che a fare la differenza fosse lo status sociale e il reddito – visto che nessuno sembra preoccuparsi dell’appartenenza all’etnia Rom quando ci si chiama ad esempio Ibrhaimovic, che guadagna 4,5 milioni di euro l’anno all’Inter.
Forse questa esperienza ci aiuta a comprendere meglio la passività con cui vennero accettate – ma non da tutti – le leggi razziali del 1938. E, ancor prima, i tanti pregiudizi che si sviluppano nella storia. Si veda ad esempio il recente libro di Francesco Germinario Argomenti per lo sterminio (Bollati Boringhieri 2008 ) in cui si narra come si sviluppò in modo oscuro e poco appariscente il pregiudizio antisemita nella pubblicistica francese da metà Ottocento in poi.
“Famiglia Cristiana” (26) ha narrato la storia di Goffredo Bezzecchi, Rom cittadino italiano, schedato dai fascisti nel 1942 quando aveva 13 anni. E schedato una seconda volta a 69 anni da agenti della polizia e da carabinieri il 6 giugno 2008 alle 5.20 di mattina, assieme agli altri 34 abitanti di un campo nomadi comunale vicino a Milano. Tutti cittadini italiani, tutti con lavoro regolare, tutti con figli che frequentano regolarmente le scuole.
Quasi tutte le voci critiche sono venute dal mondo cattolico. Anche qualche intellettuale ebreo, come Moni Ovadia, si è espresso. Vorremmo che ci fossero più voci. Come ha detto a suo tempo il pastore luterano Niemoller al tempo del Terzo Reich: “Prima vennero per i comunisti, non dissi nulla perché non ero comunista; dopo vennero per i socialdemocratici, non dissi nulla perché non lo ero; poi vennero per i sindacalisti, non dissi nulla perché non ero sindacalista; dopo vennero per gli ebrei, non dissi nulla perché non ero ebreo; quindi vennero a prendere me, e non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”.
Anselmo Grotti
Sito Web: Paesaggi mentali condivisi
Università di Siena, Facoltà di Filosofia
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