Pubblichiamo la lettera dei 3 parroci di Settimo Torinese. Riteniamo sia un utile contributo anche alle nostre riflessioni.
All’uscita delle chiese parrocchiali l’UDC sta raccogliendo firme contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sulla questione del crocifisso nelle aule scolastiche. Abbiamo chiesto ai promotori dell’iniziativa di non sostare sul terreno della parrocchia, ma di collocarsi sul suolo pubblico. Vogliamo rendere ragione di questa posizione.
Il crocifisso è per i cristiani un segno della violenza che si è scatenata -e purtroppo tante volte si scatena- contro il giusto e l’inerme; è il segno di una sofferenza condivisa; è il segno della misericordia di Dio che, attraverso le braccia allargate di Cristo crocifisso, accoglie tutti gli uomini. È dunque un segno di fraternità universale. Nei cristiani queste dimensioni del crocifisso sono state interiorizzate lungo i secoli. La sentenza di Strasburgo non tiene conto di sentimenti profondamente radicati nella coscienza della gran parte dei cittadini italiani; diciamo “italiani”, perché tale sentimento non è ugualmente condiviso in tutti i paesi dell’Unione Europea.
La reazione popolare alla sentenza dice dunque che molti italiani vedono ancora nel crocifisso un segno non solo della fede, ma anche della cultura e della civiltà occidentale.
Siamo però anche convinti che la questione del crocifisso non possa essere affrontata sul piano legislativo né contro né pro. Né contro –come ha fatto la Corte di Strasburgo – perché la legge deve rispettare il sentire della maggioranza della popolazione; né pro perché non si può imporre per legge nei luoghi pubblici il segno di una vita data liberamente e gratuitamente.
Come credenti crediamo che “l’esposizione” vera del crocifisso passa attraverso lo stile di vita dei cristiani e non per legge.
Come cristiani cittadini crediamo che la via sia quella dell’imparare a parlarsi e ascoltarsi, creando nelle scuole un dialogo tra gli studenti, gli insegnati e i genitori presenti negli organismi di rappresentanza.
Dunque, né rimozione forzata né esposizione obbligatoria, ma proposta e dialogo.
Denunciamo però le strumentalizzazioni messe in atto da alcune parti politiche che nulla hanno da spartire con i valori del Vangelo. Da alcune forze politiche il crocifisso viene brandito come una clava per colpire gli immigrati, viene strumentalizzato per alzare muri e viene usato per procacciarsi voti. E questo fanno appellandosi ai valori del cristianesimo.
Come parroci, responsabili delle nostre comunità parrocchiali, che sono l’espressione della Chiesa sul territorio, non vogliamo prestare il fianco a questi equivoci e per questa ragione abbiamo chiesto ai promotori dell’iniziativa di sostare sul suolo pubblico e non sul suolo della parrocchia.
d. Silvio Caretto, Parroco di S. Vincenzo de’ Paoli
d. Paolo Mignani, Parroco di S. Guglielmo Abate – Mezzi Po
d. Teresio Scuccimarra, Parroco di S. Giuseppe Artigiano