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0,3%

Il direttore del Foglio appresi i dati elettorali ha dichiarato: “.Una catastrofe. La responsabilità chiaramente è mia. Consideravamo una sconfitta arrivare sotto il 4 per cento. Qui siamo sotto l’1. Una catastrofe.” e ancora “Gli italiani mi hanno risposto con una sonora pernacchia”.

Eppure oggi scopriamo che anche lo 0,3%, per qualcuno, è comunque un successo che deve essere preso in considerazione dal futuro governo italiano.

E adesso le idee di Giuliano Ferrara devono trovare gambe nel governo
di GIOVANNI SALIZZONI – Avvenire

Così Berlusconi ha vinto e nei prossimi giorni definirà il nuovo Governo. Ma la vera novità di questa tornata elettorale non è tanto la vittoria del Popolo della Libertà, quanto la scomparsa dal panorama politico nazionale degli estremismi ideologici, delle posizioni fortemente laiciste e integraliste. Su posizioni ideali diametralmente opposte ha giocato la sua battaglia la Lista Aborto? No, grazie e diverso destino dovrà quindi avere la posizione di Giuliano Ferrara. Perché se il deludente risultato ha dimostrato che non si fa politica elettorale intorno alla vita maltrattata, all’aborto, alla pillola Ru486, ai protocolli applicativi della legge 194, alle assurde procedure legate alle adozioni, tuttavia i temi etici che la lista ha sollevato non possono essere trascurati dal futuro governo, anzi devono costituire l’ossatura ideale di una nuova compagine politica destinata ad accompagnare il nostro Paese verso nuove sfide culturali e sociali, oltrechè economiche. Non c’è dubbio infatti che Ferrara e la sua lista hanno abbattuto un muro di omertà e di ipocrisia incrostato da decenni di ignoranza e indifferenza su tali argomenti: di battaglia ideale, ma non utopistica, si è trattato; di proposte di grande respiro ma fortemente concrete, coraggiose e determinate nei contenuti. La lista ha attraversato l’Italia armata solo dei valori che difendeva, chiara nel messaggio, semplice ma appassionata nei toni, mite nei comportamenti, talmente limpida nelle posizioni da risultare inquietante. Quell’esigua minoranza che ha scelto per la difesa della vita non può e non deve essere trascurata e nulla di quanto è stato seminato deve andare perduto. La compagine politica che si costruirà nelle prossime ore può e deve trovare fondamenta ideali stabili e durature nel tempo, deve cioè investire sulla vita. È questo infatti l’unico valore che non deluderà nel tempo e sulla base del quale discutere di politiche per la famiglia, per i giovani, per la società di domani.

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L’Udc non ha l’esclusivadi Giorgio Merlo, Europa Quotidiano (12, marzo 2008)

L’intervento del cardinale Bagnasco all’assemblea dei vescovi ha cancellato le polemiche e le strumentalizzazioni alimentate in queste ultime settimane sulla presunta invadenza della Chiesa nella politica italiana.

Che il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica sia antico, ma sempre attuale, è fuor di dubbio. Come, del resto, è sempre attuale il capitolo della presunta “interferenza” della Chiesa nelle vicende politiche italiane.

Ma l’intervento del presidente della Cei ha dissipato questi dubbi restituendo la politica alla sua autonomia e alla sua progettualità.

È sufficiente osservare con attenzione i temi sollecitati dal cardinale alla politica per rendersi conto che la Chiesa non interferisce nelle vicende proprie del temporale, ma richiama tutti a risolvere problemi che caratterizzano la nostra società contemporanea e che sono in cima all’agenda parlamentare: dall’aumento dei salari minimi alla difesa del potere d’acquisto delle pensioni, dall’emergenza abitativa alla maggiore sicurezza nei posti di lavoro allo stesso miglioramento delle infrastrutture per i pendolari. Insomma, problemi e argomenti che non sono di parte ma che rappresentano i nodi veri del vivere civile e che vanno affrontati e risolti a prescindere dallo schieramento vincente.

E, sul versante valoriale, la Chiesa non si limita a fare vaghe dichiarazioni ma ribadisce i punti irrinunciabili riconducibili alla dottrina cristiana. Non intravedo in questo atteggiamento nessuna “invasione” di campo né alcun tentativo teso a condizionare o, peggio ancora, a dettare l’agenda politica italiana.

Il vibrato appello alla difesa della vita e della famiglia non può essere grossolanamente scambiato come un’ipoteca confessionale ma, semmai, è un monito autorevole ma rispettoso delle scelte che il legislatore è chiamato a fare.
Come, del resto, non si può banalizzare il monito ad uscire dall’ «individualismo» e dal «pensare egoisticamente a se stessi e alla propria categoria» dimenticando tutti gli altri. La politica, insomma, deve saper recuperare uno spessore etico e una dimensione culturale per non ridursi ad una gestione eccessivamente “politicizzata”.

Insomma, i politici cattolici devono misurarsi laicamente con questi richiami e nessuno può pensare o, peggio ancora, rivendicare il monopolio esclusivo della rappresentanza dei cattolici in politica.

Le dichiarazioni un po’ affrettate e non del tutto disinteressate del direttore di Avvenire nei giorni scorsi sul partito di Casini sono state indirettamente ridimensionate dopo l’intervento del card. Bagnasco all’assemblea dei vescovi. Del resto, è grottesca la tesi dell’Unione di centro di rappresentare l’eccellenza della presenza politica dei cattolici.

Il tramonto definitivo dell’unità politica dei cattolici da un lato e il superamento definitivo del collateralismo dall’altro hanno già, di fatto, cancellato i goffi tentativi di tutti coloro che pensano di essere i depositari esclusivi della tradizione del cattolicesimo politico italiano.

Il reale, e non virtuale, pluralismo dei cattolici in tutte le formazioni politiche, come ci dicono tutte le analisi dei vari sondaggisti, confermano che nessuno può rivendicare oggi una primogenitura del tutto innaturale.

Se penso, ad esempio, alle liste del Partito democratico non posso non registrare che la presenza culturale e politica di candidati di provenienza cattolica è significativa e consistente. Come, del resto, in tutte le altre formazioni questo mondo variegato e pluralista segna la sua presenza.

Alla luce di questa banale considerazione, come è possibile che qualcuno possa ancora rivendicare ridicoli primati frutto di una concezione un po’ arcaica e un po’ furbesca nella capacità di rappresentare con maggior coerenza i valori cristiani nell’agone politico? Semmai, i politici, dice il cardinale, sono chiamati a «dare l’esempio» e quindi non ergersi ad interpreti esclusivi di una tradizione che è disseminata ormai in tutti gli schieramenti politici.

E questo aspetto è decisivo anche per riaffermare un altro principio: e cioè, non serve nell’Italia di oggi rialzare steccati ideologici od etici dando fiato ai tentativi – deboli ma pur sempre presenti nel sottosuolo della cultura politica nostrana – di contrapporre maldestramente il fronte laico con quello cattolico.

Se esistono partiti e formazioni che lavorano per centrare questo obiettivo rischiano di coltivare un fine che contrasta con lo stesso richiamo della Chiesa che, non a caso, invoca il perseguimento del bene comune e non interessi di parte.

Insomma, dalla Chiesa arriva un messaggio autorevole, coerente ed esigente. Tocca ai cattolici che si riconoscono in quell’insegnamento richiamarsi laicamente nella propria attività politica e legislativa. E questo senza goffe primogeniture e senza atteggiarsi a ridicoli interpreti e difensori esclusivi della millenaria tradizione cristiana.

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