Pubblichiamo da La Stampa l’intervista di Alain Elkann a Bernard Tissier de Mallerais, uno dei quattro vescovi lefebvriani a cui Benedetto XVI ha revocato la scomunica con l’atto del perdono pontificio del 21 gennaio 2009.
Monsignor Bernard Tissier de Mallerais, per lei che ha partecipato alla fondazione della Fraternità Sacerdotale San Pio X con monsignor Lefebvre, ricevere la notizia della cessata scomunica da parte di Benedetto XVI è stata una grande emozione? E’ stata una grande gioia quella di essere nuovamente accettati nella casa del Padre?
«No, non nel senso di essere tornati nella casa del Padre, perché noi non l’avevamo in effetti mai lasciata».
E allora qual è stata la sua emozione?
«Vedere indirettamente riconosciuto il bene fondato dei sacramenti episcopali del 1988».
Ma cosa era successo?
«Che Sua eccellenza monsignor Marcel Lefebvre aveva dato nel 1988 sacramenti episcopali senza “mandato apostolicum”, ne è quindi seguita una scomunica ipso facto perché non si può essere nominati vescovi senza il permesso del Papa».
Ma tutti questi anni come li avete vissuti?
«Mah, questa scomunica è durata 20 anni ma noi non la consideravamo valida perché monsignor Lefebvre ci aveva nominato per un caso di necessità e il caso di necessità è riconosciuto valido secondo il diritto canonico».
Ma come venivate considerati dalla Chiesa?
«Eravamo considerati scismatici e devo dire che abbiamo sofferto per vent’anni di essere separati dalla Chiesa di Roma. Io ero prete e appunto ero stato fatto vescovo da Lefebvre nel 1988».
Ma adesso che cosa è successo?
«E’ successo, in modo molto semplice, che attraverso la comunicazione del cardinale Re il Papa ci ha tolto la scomunica senza nessuna particolare cerimonia».
Ma voi oggi siete vescovi per il Papa?
«No, non siamo ancora vescovi perché non abbiamo una sede episcopale».
Ma allora le cose non sono del tutto risolte?
«La cosa non è finita, ci vorrà del tempo».
E chi deciderà della vostra sorte?
«Lo deciderà il Papa con l’intermediazione della Curia romana».
Ma in senso pratico quali sono i passi che devono essere fatti?
«Vi saranno delle discussioni teologiche dottrinali a proposito delle dottrine del Concilio Vaticano II tra noi e i rappresentanti della Santa Sede».
Ma voi pensate di tornare indietro per quanto riguarda le vostre divergenze?
«No, assolutamente no. Noi non cambiamo le nostre posizioni ma abbiamo intenzione di convertire Roma, cioè di portare il Vaticano verso le nostre posizioni».
E per quanto riguarda le dichiarazioni molto contestate dal mondo ebraico di monsignor Richard Williamson, un altro dei vescovi che erano stati scomunicati insieme a lei?
«Non ho opinione in proposito».
Ma cosa pensa di quanto è stato detto?
«Penso che la questione non mi interessa e non ho nessuna opinione su questa domanda».
Ma lei cosa farà in futuro?
«Io resterò qui a Ecône».
Nel seminario di Ecône, di cui lei è rettore, quanti sono i sacerdoti?
«Ci sono 60 seminaristi. Ne abbiamo altri duecento in sei altri centri di formazione».
Voi naturalmente avete sempre continuato a celebrare messa in latino?
«Certo, la bella messa latina con messa gregoriana».
Ma anche il Papa ha ripreso a officiare la messa in latino?
«Di questo non ho veramente notizia e non sono in grado di dare un giudizio».
Com’è avvenuta la remissione della scomunica? Il decreto dalla Santa Sede vi è giunto inaspettato?
«Per noi è stata una grazia della Santa Vergine».
In che senso una grazia della Santa Vergine?
«Perché abbiamo dato al Papa i settecentomila rosari che abbiamo offerto in regalo da parte della Santa Vergine».
Come vi siete mossi per ottenere la remissione della scomunica?
«Abbiamo indirizzato a Sua Eminenza il cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificio Commissione Ecclesia una lettera di monsignor Bernard Fellay, scritta anche a nome di monsignor Alfonso de Galarreta, monsignor Richard Williamson,e mio, ovvero dei vescovi consacrati da Lefebvre il 30 giugno 1988. E’ stata sollecitata la rimozione della scomunica che datava dal 1° luglio 1988. In questa lettera monsignor Fellay ha affermato “Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa e di Nostro Signore Gesù Cristo che è la Chiesa Cattolica Romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al primato di Pietro e alle sue prerogative e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione». Con queste parole ci siamo rivolti appunto a Sua Santità Benedetto XVI perché venisse riconsiderata la nostra situazione canonica».
[…] Dome blog tra Torino e Lucca « Giornata della memoria Convertire Roma Febbraio 1, 2009 Su La Stampa di oggi è pubblicata l’intervista di Alain Elkann ad uno dei quattro vesvovi lefebvriani a cui è stata revocata la scomunica da Papa Benedetto XVI. Riporto tre domande e le rispettive risposte di mons. Bernard Tissier de Mallerais che è anche rettore del seminario di Ecône. L’intervista completa è possibile leggerla sul sito di chiccodisenape. […]
[…] Vescovo lefebvriano, Bernard Tissier: abbiamo intenzione di convertire Roma Pubblicato su Chiesa Cattolica, Lefebviani by incompiutezza su Febbraio 1st, 2009 https://chiccodisenape.wordpress.com/2009/02/01/abbiamo-intenzione-di-convertire-roma/ […]
Al mio paese c’è un detto che recita così: “stavamo scarsi”,nel senso che eravamo già pieni di idioti e problemi che altri non ne avremmo voluti.
Non si potevano lasciare questi scismatici dove stavano?
Ora sono loro a voler “convertire” noi che apparteniamo alla Chiesa Cattolica Romana, a voler farci tornare indietro abrogando di fatto un Concilio. Fosse dipeso da me non li avrei fatti tornare,perchè sono e saranno sempre fonte di discordie,sia interne che esterne.
I cattolici tradizionalisti rappresentano i tesori dottrinali e di devozione della Chiesa di sempre, che hanno formato 2000 anni di fede e di santità: tutti i più grandi santi della Chiesa hanno avuto quella formazione, l’evangelizzazione dei continenti è avvenuta con la dottrina e con la messa preconciliare. Dopo l’ultimo concilio ci sono alcuni presuntuosi che credono che la vera Chiesa cattolica è nata adesso, con quattro baggianate buoniste e due lagne con accompagnamneto di chitarra. Mi sa tanto che se c’è uno scisma è quello modernista nei confronti della tradizione. Benedetto XVI è un progressista intelligente e dotto che sta cercando di sanare la frattura perchè senza la tradizione non c’è legittimazione della Chiesa. Dal concilio vaticano II si contano 5 papi i tradizionalisti ne contano 260 che hanno sempre detto le stesse cose, mentre questi ultimi sono andati un po’ fuori strada… Bisogna riconoscvere questa verità e calare l’arroganza dei tanti ignoranti progressisti che, in fin dei conti, sono ben poco cattolici.
Trovo interessante la posizione di Gigi, perché io mi considero un “cattolico ortodosso e tradizionalista” (nel senso che l’evangelo è sempre “consegnato” da qualcuno a qualcun altro nella chiesa). Allora domando a Gigi: a) come fai a dire che un concilio ecumenico non fa parte della tradizione solo perché è recente? b) come puoi dire che “tradizione” significa dire sempre le stesse cose? Su moltissime cose i cattolici, in diciannove secoli, hanno detto e scritto e fatto cose diversissime fra loro; su pochissime cose fondamentali hanno detto cose che formano un deposito vivo di fede. Caro Gigi, non mi pare che una posizione come la tua, o come quella dei lefebvriani, possa correttamente definirsi tradizionalista. Forse sarebbe più adatta la parola “fondamentalista”, nel senso di avere sotto mano un posto, una specie di freezer del cuore, dove si trovano delle proposizioni immutabili, sempre pronte all’uso, perché a lunga conservazione. Come la manna conservata e “trattenuta” per il giorno dopo, che però metteva i vermi. Invece il Figlio non ha “trattenuto” nulla di suo, ha dato tutto quel che gli era consegnato dal Padre, e così chiede a noi di fare: non di “trattenere”, ma di “consegnare” noi stessi per amore di Lui.